giovedì 14 febbraio 2013

La ragazza dello Sputnik.

Tra la notte del dodici e il conseguente inizio del tredici febbraio, ho terminato di divorare l'omonimo romanzo di Murakami da cui questo post prende il titolo (sì, alle volte la mia fantasia nei titoli è un limite tendente allo zero).
Era da tanto che non mi capitava di non leggere un libro intero nel giro di poche ore, ma devo ammettere che il romanzo è di per sé breve (236 pagine per rapporto ai grandi romanzi che leggevo prima che – ahimè – iniziassi l'università, che non mi dà molta possibilità di leggere testi “impegnati”, sì, sono ben lontani i tempi di Guerra e Pace o di Io Uccido, quest'ultimo letto in tre ore di fila).
La cosa che mi rende molto più felice è la catarsi che ho provato alla fine della lettura e quella sensazione di riempimento nel mio cuore, quella che sento ogni volta che imparo qualcosa di nuovo, è molto forte stavolta, lo riconosco. Ovviamente non farò spoiler del finale del romanzo, ma darò solo la mia visione delle cose.
Avendo letto la trama sia sul retro della copertina, sia le prime pagine in libreria, avevo capito che, in un modo o nell'altro, mi sarei immedesimata in Sumire, colei che considero la protagonista principale a tutti gli effetti.
I perché sono particolari, ma questa sera mi sento serena, al di là di tutte le preoccupazioni che ho nell'animo, perciò, utilizzando la mia ragione di vita, la scrittura, mi sfogherò, come in un diario.
Sumire si innamora di una donna. Di diciassette anni più grande di lei.
Non c'è nulla di male, anche io mi sono infatuata due volte di due ragazze e non appena ne vedo una molto carina o bella lo dico senza riserve, e sì, non sono attratta solo dal persone del sesso opposto al mio.
Se avete problemi, il mitico Albertone vi dice che il sindaco di Quel Paese è amico suo: andateci, di corsa.
Ma lei si innamora in un modo totalizzante, che le investe lo spirito e il cuore, come mai nessuno aveva fatto prima.
Murakami lo dice bene:

Fu un amore travolgente come un tornado che avanza inarrestabile su una grande pianura. Spazzò via ogni cosa, trascinando in un vortice, lacerando e facendo a pezzi tutto ciò che trovò sulla sua strada, e dietro non si lasciò nulla”.

E questo, beh... Logan è il migliore in quello che fa, e ciò che Myu ha fatto con Sumire, lui lo ha fatto con me.
Sumire è una scrittrice, o meglio, vuole diventarlo, a tutti i costi.
Citando l'autore, egli della passione della ragazza scrive così:

In quel periodo Sumire stava lottando con tutte le sue forze per diventare una scrittrice di professione. Anche se sapeva bene che in questo mondo ci sono infinite possibilità, per lei non vi era altra strada praticabile se non quella per diventare scrittrice, una scrittrice di romanzi. Questa determinazione era più dura delle rocce mesozoiche, e non la-sciava spazio a compromessi. La sua fede era così assoluta che tra lei e la letteratura non passava nemmeno un capello”.

La sua passione è così forte che niente e nessuno le impedisce di fare ciò che desidera davvero, scrivendo sempre, in ogni circostanza.
Anche se sembro invincibile in quanto a determinazione, alle volte cado in preda allo sconforto, ma questo romanzo mi ha insegnato a stringere di più i denti, interpretandolo a modo mio.
Un'altra cosa che mi ha colpito molto è il "blocco" per la scrittura che poi Sumire vive, mentre passa sempre più tempo con la donna che desidera.
Bizzarro, no?
No, non direi.
Sumire avverte in cuor suo di non essere ancora pronta per fare il salto di qualità e diventare una professionista, che le manchi ancora l'esperienza e il narratore, che la ama pur essendogli amico, gli dice, usando la similitudine della struttura narrativa di un romanzo con un albero di trasmissione di un'auto, che:


"Il problema più grosso è che tu non sai ancora di che racconto si tratta. Non conosci la trama, e lo stile è ancora tutto da definire. Conosci solo il nome della protagonista. E tuttavia, ciò ti sta cambiando realmente. Con un po' più di tempo, credo che questo nuovo congegno narrativo comincerà a ingranare in modo da proteggerti, e che tu riuscirai a vedere un mondo nuovo. Ma ancora non sei pronta. E naturalmente, sei esposta al pericolo".

Ecco, è come se avesse paura di un qualcosa a lei ignoto. Una paura viscerale, che la blocca, e da lì ho iniziato a pensare.
E se capitasse anche a me, di nuovo?
Dico "di nuovo" perché mi era capitato nella seconda metà dello scorso anno, perché facevo roleplay con un'amica che impersonava il mio eroe.
E, giusto per provare (cito lei pari pari), ha inserito nel roleplay un OC (per i profani del fanwriting è Original Character, cioè un personaggio inventato da chi scrive inserito nel fandom di cui si parla o scrive) di un'altra autrice con cui ruola lei "allontanando" il mio OC da Logan (beh, come si è soliti dire dalle mie parti "uno è colui che ti tarla il cervello"), mi ha fatto saltare non solo il nervosismo, mi ha fatto crollare anche emotivamente, in virtù del fatto che le mie fanciulle di fantasia hanno sempre un qualcosa che le lega a me e io spesso e volentieri, lascio in loro una parte del mio cuore.
Non voglio che mi ricapiti un'avversione per lo scrivere, mai più. Credo sia stata una delle più brutte esperienze della mia vita (e guai se qualcun altro mi chiede un roleplay, mai più, mai più) e, per quanto sia relativamente forte, la cosa mi ha scosso nel profondo, anche se non sembra. Sarà anche perché mi sono anche allontanata da quest'amica che tuttora vedo come una sorella e a cui voglio un bene dell'anima, no, direi che questo incide non poco.
Tuttavia, mi faccio forza e vado avanti, anche perché so bene che non mi piace mostrarmi debole, per il semplice fatto che potrei somatizzare il malessere e io cerco di essere felice, o meglio, mi ostino a ricercare la felicità.
Sì, voglio essere felice, soddisfatta di me, vivere l'amore, amare a mia volta, sognare e nutrirmi di sogni e passioni, non mi pare che io sbagli in qualcosa.
Sento però che anche il mio spirito o la mia mente non vuole che io corra il pericolo di farmi del male, ecco forse il motivo per cui ho accantonato momentaneamente un dato progetto "letterario".
Il limbo onirico della fluida narrazione di Murakami mi ha dir poco lasciata con una sorta di autoimmesimazione a dir poco profonda, l'ho detto io che mi ha colpita talmente tanto da esser rimasta sbigottita, perché... mi sono sentita Sumire.
Non mi capitava da quando mi sentivo Raskolnikov di Delitto e Castigo oppure Renée de L'eleganza del riccio ed è passato del tempo!
Non riesco a spiegare quella sensazione di astonishment che il romanzo mi ha lasciato, al pari di Pastorale Americana, che termina con una domanda.
E ora la mia domanda è: saprò emozionare anche io così nel momento in cui arriverà la mia tanto ambita e sperata occasione?



2 commenti:

  1. Ma ciao,ecco che finalmente trovo un titolo interessante, ora sono curiosissima di leggere questo libro, ammetto poi che non ho mai letto nulla di Murakami, anche se apprezzo diversi scrittori giapponesi, ma di suo la mia cultura equivale a zero.
    Bellissima recensione XD.

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  2. Oh, ti ringrazio.
    Personalmente, questo post non era nato nella mia testa come una recensione, ma, siccome parlare liberamente per me non è mai abbastanza, alla fine mi sono lasciata andare verso un fluire di pensieri che pare parecchio disarticolato in effetti.
    Murakami a mio dire è un artista che merita, ma sono molti i testi belli che ha scritto.
    Sono felice di averti aiutata per così dire, grazie! :-)

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