venerdì 25 aprile 2014

Am I too far from heaven?

Ho appena terminato di chiacchierare via Skype con una mia carissima amica, che, abitando lontana, non vedo da un bel po', mettendoci a parlare delle cose più disparate: gli studi (siamo colleghe), questioni sentimentali (nulla di nuovo sul fronte occidentale e orientale... ehm, diciamo, credo), famiglia e anche la musica.
A parte il mio migliore amico che è un amante del rock e di tutti i sottogeneri possibili e immaginabili del rock stesso (e altro ancora), la più "rockettara" o "metallara" tra i miei colleghi (che sono amici ancor prima di colleghi) e tra le persone a me vicine, sono io, se escludo un poco mio padre e il mio padrino, quindi spesso consiglio a chi voglio bene qualcosa.
Con questa ragazza mi sono azzardata con i Dream Theater (che mi accompagnano sin da quando ero una mocciosa) e i Trivium.
Ho conseguito una "vittoria a metà", coi Dream.
Assieme ai Guns n'Roses, i Blind Guardian e i Pink Floyd sono una delle band che ascolto sin da piccina grazie a mio padre (basti pensare che io dormivo solo ed esclusivamente se ascoltavo Sweet child o'mine) e mi fa sorridere che alla mia amica ora piacciono e la ispirano anche quando scrive.
Ispirano anche me; non per nulla il titolo è una ripresa di un loro brano che amo come non so cosa.
Tanto per cambiare, sono sempre canzoni nelle quali io ci leggo rimandi, concetti filosofici, interrogativi esistenziali che mi pongo.
Grazie a questa conversazione virtuale, oggi sono un poco allegra, e ho iniziato a meditare sul mio ultimo blocco con conseguente crisi e sindrome da pagina bianca.
Ne sono uscita con la musica, grazie ai Periphery, per l'esattezza.
Li ho scoperti per puro caso (assolutamente e davvero per caso) ed è stato amore alla prima canzone che ho ascoltato, Make total destroy.
Sono andata letteralmente in trip per la voce di Spencer Sotelo (santo cielo, è un qualcosa di incredibilmente potente... meglio, correggiamoci, è da orgasmo!), il ritornello mi ha fatto accapponare la pelle e intanto mi lasciavo coinvolgere anche dalla musica e dalle parole.
La canzone che però mi ha fatto sbloccare fu Erised, che oggi rientra tra le mie canzoni preferite in assoluto (lista in costante crescita, sia chiaro).
Rappresentava, leggendo io tra le righe, una bella rappresentanza di quello che io ero in quel momento: depressa.
Depressa allo stato patologico, in preda a incubi, allucinazioni e altro.
Una parte del brano dice: "Stuck down in the bottom of your cylindrical state of mind".
Mi sentivo esattamente così e, in aggiunta:


"All like to live with sedative under the skin.
Bury it, carry the cure".


Ero arrivata a contemplare l'idea di andare da uno psicologo per farmi prescrivere qualcosa.
Ma non l'ho fatto.
Posso dire anche grazie alla musica se ora scrivo con slancio e passione.
Stamattina, svegliandomi presto, usando la riproduzione casuale, ho riscoperto una perla che avevo nella playlist: The Odyssey dei Symphony X: circa venticinque minuti di estasi per le mie orecchie, la stessa che ho quando ascolto Octavarium, giusto per fare un esempio.
Insomma, credo che oggi possa essere classificata come una di quelle giornate da musica in testa e di creatività e va benissimo, perdiana, me ne rallegro.









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